Ieri mi è capitata la piacevole esperienza di assistere a una conferenza a Londra in diretta in streaming.
Si trattava del dibattito Critical Futures, organizzato da Domus e trasmesso su Domusweb, sito/blog che stupisce per la sua freschezza oltre che per la qualità dei suoi contenuti, essendo il corrispettivo online della seconda rivista italiana di architettura per antonomasia, che quest’anno compie ben 83 anni di esistenza.
Qui potete leggere tutti i dettagli dell’evento. Riporto i relatori:

Shumi Bose – scrittore [così sulla pagina di Domus; tuttavia, all’appello uno scrittore è di troppo e manca invece una ragazza asiatica presente alla discussione, che sta svolgendo una tesi di ricerca proprio sui temi della mutazione della stampa di architettura all’epoca dei blog. Inoltre trovo, sul sito dell’AA School, che Shumi Bose è Teaching Assistant in History & Theory Studies]
Charles Holland – autore di Fantastic Journal
Peter Kelly – direttore di Blueprint
Kieran Long – critico di architettura dell’Evening Standard
Geoff Manaugh – autore di BLDGBLOG
Beatrice Galilee – autrice e curatrice, domusweb, The Gopher Hole

Moderatore: Joseph Grima, Domus.

La conversazione è stata molto piacevole e informale, con begli interventi dal pubblico. Non mi sarà possibile fornire un resoconto puntuale di tutto ciò che è stato detto, anche perché le difficoltà di ascoltare una conferenza in streaming sono molte (per esempio, la comprensione delle parole di Geoff Manaugh, che era in collegamento da Los Angeles, è stata molto difficoltosa perché, oltre ad una parlantina particolarmente rapida – tanto da colpire persino il pubblico londinese -, una serie di problemi di feedback audio e di  volume altalenante ne hanno compromesso la fruibilità). Copierò quindi brutalmente i miei appunti in proposito, spero di ricordare bene.

Peter Kelly: pensa ai dibattiti che prima si scambiavano a forza di editoriali tra riviste, come per esempio tra Mendini, che scriveva su Domus, e Maldonado, che rispondeva da Casabella. Oggi non ha alcun senso che questo avvenga, se non online. Cosa cambierà?

Kieran Long: [alquanto istrionico, N.d.R.] non si può tuttavia parlare di vera e propria tradizione giornalistico-critica per l’architettura [credo in Inghilterra, N.d.R], perché non c’è stata volontà di crearne una da parte della passata generazione. L’età media dei redattori delle riviste è molto alta e nessuno ha interesse ad abbassarla.
Nei blog c’è in generale anche più libertà di espressione, che invece è legata nell’editoria ufficiale a causa di problemi connessi con la proprietà delle testate e in generale a questioni di interesse economico.

Joseph Grima: tuttavia, nell’universo dei blog non esiste «stroncatura» [lo dice in italiano non riuscendo a trovare l’adatto corrispettivo inglese, nonostante lo parli praticamente come prima lingua, N.d.R.].

Charles Holland: il suo lavoro sul blog affronta temi che sono anche solo tangenzialmente connessi con la propria professione di architetto, quindi non c’è sempre diretta connessione con l’universo professionale.

Shumi Bose (?): ma non si può paragonare del tutto vecchia editoria e blogosfera o giornalismo online. Riflessione sul retroterra culturale. L’effetto principale dell’attività online è la “despecializzazione”, ovvero la perdita di specialismo sia in entrata (scrittura) che in uscita (lettura). Causa ed effetto di ciò è che per la maggior parte, coloro che scrivono online lo fanno gratuitamente. Nei loro confronti c’è diffidenza, ci si chiede chi siano queste persone che non hanno mai pubblicato, se non online.

Joseph Grima: c’è un’etica della scrittura di architettura online?

Beatrice Galilee: forse no, ma bisogna osservare come lo stream continuo di immagini patinate sui blog di architettura sia pornografico. Molti blog raggiungono flussi massicci di traffico proprio per questo motivo. Qual è l’effetto di questo fenomeno sulla cultura architettonica contemporanea? Potrebbe danneggiarla?

Shumi Bose (?): però si tratta di un atto fortemente politico. Si pensi a quale importanza sociale possono avere i molti blog di architettura di lingua spagnola, che fanno particolarmente leva sull’uso delle immagini, sull’ambiente culturale dell’America Latina.

Beatrice Galilee: questo può diventare davvero un territorio di concorrenza per le riviste cartacee. Perché dovrei comprarne una, se trovo online le immagini che cerco?

Kieran Long: il problema è che non ci sono abbastanza intellettuali e teorici di architettura!

Joseph Grima: in Italia il problema è l’opposto! [accenna sarcasmo e il pubblico ride, N.d.R.]

Geoff Manaugh: si stupisce di come molti suoi post che lui considera tematicamente e geograficamente marginali vengano condivisi online da un altissimo numero di persone.

Commento dal pubblico: nei blog c’è molta più passione, è possibile schierarsi con più facilità e prendere posizioni nette. Per questo motivo è probabile che nel prossimo futuro siano più i blog e i contenuti diffusi online a spostare e orientare il dibattito, piuttosto che le riviste, che sono sempre su posizioni pressoché neutrali, schiave della ricerca dell’obiettività indotta dal professionalismo.

[Non ricordo più chi]: l’importanza sociale tipicamente attribuita all’architettura negli anni ’60 e ’70 si è perso con l’emergere dello starsystem. È quello spirito che oggi muove i blogger.